5G, i Comuni italiani contro il progresso tecnologico?

di

Giacomo De Luca

15.04.2024

3

minuti di lettura

Si combatte nelle aule dei Tribunali Amministravi Regionali (Tar) di tutta Italia, dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia, la quotidiana battaglia tra i Comuni e le principali imprese di telefonia mobile intorno al tanto atteso e reclamato sviluppo della rete 5G.

Ma nonostante le preoccupazioni e i dubbi di cittadini e Amministrazioni locali sui potenziali effetti nocivi delle emissioni elettromagnetiche, alimentati in Italia dalla diffusa sindrome “Nimby” (“Not in my back yard”), al momento nelle aule di giustizia a uscirne vincitrice è il bisogno di offrire una rete di telecomunicazioni dieci volte più veloce di quelle tradizionali, recuperando il ritardo e tagliando così in fretto il traguardo della completa digitalizzazione del Paese.

Rete veloce 5G

Sotto l’acronimo della tecnologia “5G” si nasconde l’ultima generazione di architettura di rete di trasmissione mobile e cellulare, pronta a pensionare l’attuale standard “4G Lte”, promettendo una velocità di trasmissione dei dati fino a 10Gigabit al secondo, moltiplicando la capacità della rete di sostenere il numero di dispositivi connessi, azzerando i tempi di risposta e aumentando l’efficacia della gestione della banda disponibile.

Inquinamento elettromagnetico

Da quando in Italia si è aperta la corsa al 5G, con l’assegnazione delle frequenze ai diversi operatori di telefonia, si combatte nelle aule di Giustizia intorno al moltiplicarsi degli interventi di installazione o di modifica delle antenne telefoniche, verso il nuovo standard, per la loro diffusione sul territorio, richiedendo alcune frequenze del 5G, dotate di una portata più limitata, di una maggiore vicinanza delle stazioni radio base.

La paura, a volte irrazionale, contro lo spettro dell’inquinamento elettromagnetico, per il vero sempre crescente nelle nostre città, sta spingendo quotidianamente le comunità locali e Sindaci, in prima linea, a cercare di contrastare lo sviluppo della rete capillare del 5G, invocando il diritto alla salute, costituzionalmente garantito dall’articolo 32 Cost., almeno fino a quando non ci saranno maggiori studi e dati certi sugli effetti, invocando la protezione del «principio di precauzione» riconosciuto dal diritto dell’Unione Europea.

Tar Sicilia

Così, da Sud a Nord, ogni giorno i Tribunali Amministrativi Regionali sono sempre più spesso chiamati a dirimere il contenzioso tra le Amministrazioni locali e le imprese di telefonia intorno alle limitazioni o divieti di installare nuove antenne o modificare quelle di rete cellulare già installate sul territorio comunale. È il caso della sentenza del Tar Sicilia, sezione Prima di Catania, 1° marzo 2021, n. 615, chiamato a delibare sulla legittimità dell’ordinanza contingibile e urgente, adottata dal Sindaco di un piccolo Comune marinaro del catanese invocando i poteri del Testo Unico degli Enti Locali, con la quale ha vietato espressamente la sperimentazione e l’installazione del 5G in tutto il territorio comunale.

Annullando la Scia per l’installazione di una nuova antenna presentata da una importante azienda telefonica, vincitrice della gara pubblica per l’assegnazione delle frequenze pioniere del 5G, il primo cittadino siciliano, invocando i suoi poteri come ufficiale di Governo e massima autorità sanitaria locale, nel rispetto dell’art. 32 Cost. e del «principio di precauzione», per fronteggiare la minaccia di danni gravi ed irreversibili per i cittadini, ha paventato il rischio di sovraccarico di esposizione alle onde elettromagnetiche, data la contemporanea operatività di vecchie e nuove tecnologie, imponendo il divieto di qualunque nuova infrastruttura, anche sperimentale, del nuovo standard, vista l’incertezza scientifica sugli effetti dell’inquinamento elettromagnetico sulla salute.

Rischio concreto ed effettivo

Per i giudici amministrativi, però, oltre a non esserci alcun provato rischio concreto o pericolo effettivo per l’incolumità dei cittadini siciliani a sostegno dell’esercizio dei poteri contingibili e urgenti, va ribadito che la valutazione dei rischi dovuti all’elettrosmog è adeguatamente svolta dalla competente Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (Arpa), chiamata a rilasciare formale parere positivo all’installazione delle antenne cellulari.

Ma anche per l’invocata applicazione anticipata del «principio di precauzione» comunitario, la protezione, per il Tar, è sufficientemente garantita dalle norme dello Stato italiano, che con la Legge n. 36/2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”) e con il Dpcm 8 luglio 2003 ha fissato precisi limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità, compresa, con recente modifica, la localizzazione degli impianti, che non possono essere modificati o resi più stringenti dal Regioni, Province e Comuni.

Ordinanza annullata

Ribaditi i limiti al poter di ordinanza dei Sindaci, specie in materia di localizzazione delle stazioni radio base di telecomunicazione, anche se invocando i limiti di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, spetta solo allo Stato la competenza a stabilirne i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, con potere di verifica e controllo affidato alle Arpa territorialmente competenti.

Tar Friuli Venezia Giulia

Dalla Sicilia alle Alpi, il risultato delle battaglie dei Sindaci contro il 5G non cambia, come stabilito dalla sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia, 25 febbraio 2021, n. 63, che ha stabilito l’illegittimità del Regolamento del Comune di Udine per la telefonia mobile, adottato con delibera consiliare risalente al 2013, come presupposto del diniego di Scia comunale all’intervento di adeguamento di una antenna telefonica verso la nuova tecnologia, richiesta da una concessionaria del servizio pubblico di telefonia mobile.

Programma comunale

Come rilevato dai giudici triestini, anche se al Comune spetta il compito di pianificare, da un punto di vista urbanistico, sulla ubicazione delle stazioni radio base installabili sul proprio territorio, l’Amministrazione comunale non può opporsi all’introduzione di nuove tecnologie di comunicazione elettronica invocando il fatto che esse non sono previste dal regolamento in vigore.

Non compete all’Ente locale di regolare quali tecnologie possono essere applicate dai gestori né le frequenze di cui essi sono assegnatari al livello nazionale, ribadito che i soliti limiti sono quelli stabiliti dalla Legge n. 36/2001, con opportuna limitazione dell’interferenza da parte dei Comuni introdotta con il Dl 16 luglio 2020, n. 76 (convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120), che ha negato la potestà del Sindaco, anche in via contingibile e urgente, di introdurre limitazioni, e con verifica relativa all’elettrosmog esclusivamente da parte dell’Arpa.

Comuni limitati

Spettando solo allo Stato la facoltà di stabilire limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, valori di attenzione e obiettivi di qualità, sottolinea il Tar del Friuli, i Comuni non possono prevedere limiti ulteriori che interferiscono col piano nazionale di ripartizione delle frequenze e di transizione al 5G, non avendo gli Enti Locali alcuna potestà in materia di inquinamento elettromagnetico e radioprotezione, neppure in via indiretta, come nella pianificazione urbanistica, o con provvedimenti contingibili e urgenti.

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